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Informazione culturalei sul paese
Время говорить по-русски Corso base Lezione 5

Informazione culturalei sul paese

Amica o conoscente?

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Molto spesso gli stranieri si trovano in difficoltà con l’uso delle parole знакомый/знакомая, друг/подруга (il/la conoscente, l’amico l’amica), perché in russo tali parole possiedono delle sfumature particolari.

Solitamente usiamo le parole знакомый/знакомая quando vogliamo sottolineare che con quella persona non ci lega un rapporto di amicizia. Dicono così per esempio di un collega di lavoro, o di un vicino di casa. Talvolta si chiama in questo modo una persona che non si conosce molto bene.

Diciamo друг quando vogliamo sottolineare che conosciamo una determinata persona bene e da molto tempo: spesso si sente dire школьный друг, старый друг, близкий друг (amico di scuola, vecchio amico, amico stretto). Ad un amico o ad un’amica siete legati da rapporti stretti e interessi comuni. La parola друг in relazione ad una persona vicina è indipendente dal sesso di tale persona: la può usare tanto una donna, quanto un uomo. Si può dire: Мария – она мой самый близкий друг (Maria è la mia amica più stretta), Сергей – он мой самый хороший друг (Sergej è il mio migliore amico).

La parola подруга è l’equivalente della parola друг se la usa una donna. Se però è usata da un uomo, essa acquista una sfumatura aggiuntiva, di carattere sessuale. Pertanto quando un uomo russo vuole dire di avere un rapporto di semplice amicizia con una donna, utilizza la parola знакомая. Se invece vuole dire che il legame con quella donna non è di semplice amicizia, bensì di amore, allora dice моя подруга, моя девушка - la mia amica, la mia ragazza.

Non dimenticate queste sfumature, quando parlate delle vostre ragazze!

La carta di Mosca

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Se non avete ancora acquistato una carta di Mosca, probabilmente avete intenzione di farlo presto: arrivando in una città sconosciuta, una carta è assolutamente necessaria. In ogni caso, potete usare la carta di Mosca disponibile in internet, sul sito map.yandex.ru.

Osservate la carta: vedrete che a Mosca ci sono molte strade <>. Esse circondano il luogo centrale, - il Cremlino. Attualmente il Cremlino rappresenta il centro politico e amministrativo del paese, è il luogo in cui lavora il presidente, e in cui si svolgono i più importanti incontri ed eventi a livello nazionale. Un tempo nel Cremlino vivevano le persone più ricche e importanti del paese, nonché il patriarca, - il capo della chiesa russa ortodossa. Il Cremlino era una casa-fortezza: non a caso è circondato da mura così spesse. All’interno e nei dintorni del Cremlino si trovano opere eccezionali della storia e dell’arte russa di diverse epoche.

In passato Mosca era interamente racchiusa all’interno del Cremlino, ed è per questo motivo che lo circonda un enorme muro difensivo. In seguito la città iniziò a crescere, e apparve una nuova cerchia difensiva, della quale oggi rimane soltanto il nome «Kitaj-gorod». Fu poi costruito il cosiddetto «anello» (viali di circonvallazione), e infine, la più importante via circolare di Mosca, l’Anello dei Giardini.

Insieme alle vie circolari comparvero anche quelle radiali. Lo scopo iniziale era collegare Mosca ad altre città della Russia: ad occidente, Smolensk, - da cui la via Smolenskaja; la Tverskaja che porta a Tver’; il viale Dmitrovskoe in direzione di Dmitrov. La via Tverskaja è tradizionalmente considerata una delle vie centrali di Mosca; su di essa si trovano i ristoranti più cari, negozi e celebri teatri, cinema e così via.

Lo schema della metropolitana in buona parte rispecchia la struttura superficiale della città: al centro si trova la «linea circolare» (spesso chiamata semplicemente «anello»), che interseca la maggioranza delle linee radiali. Per arrivare in centro – ad esempio al Cremlino o sulla piazza rossa - in metropolitana, è necessario raggiungere una delle stazioni centrali: la «Arbatskaja», o «Ochotnyj Rjad», «Biblioteca im. Lenina», o «Ploshad’ revolucii».

La cucina russa (seguito)

pelmeni (specie di tortellini)

Nella cucina russa c’è un piatto amato, ed erroneamente considerato da molti originario della Russia: i pelmeni. Con tutta probabilità i pelmeni sono entrati a far parte della cultura russa grazie alla loro “universalità”: si possono infatti mangiare in brodo o come secondo piatto, se ne possono mangiare molti, si conservano a lungo, etc.

I pelmeni giunsero nella Russia europea dalla Siberia, dove a loro volta erano arrivati insieme ai conquistatori mongoli dalla Cina. In Siberia e sugli Urali spesso villaggi interi preparavano i pelmeni, in particolare lo facevano alla fine dell’autunno, all’arrivo dei primi freddi. I prodotti così ottenuti venivano messi in grandi sacchi e lasciati in un luogo freddo, spesso direttamente fuori casa, sulla neve: il gelo conservava i pelmeni fino alla primavera!

In Russia i pelmeni non vengono mai preparati con ripieno dolce, bensì solo con carne cruda, pesce o funghi. Molti russi amano non solo mangiare i pelmeni, ma anche bere il brodo in cui sono stati cotti. Ai pelmeni si aggiungono poi burro, pepe, panna acida e, a volte, aceto.

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Patata

Un’altra pietanza – o meglio prodotto – che ha trovato in Russia una seconda patria, è la patata. Oggi come oggi è difficile immaginare che fino al XVII secolo in Russia non avevano mai sentito parlare di questo prodotto. Lo zar-riformatore Pietro I, amante di tutte le novità e le stranezze, fu il primo ad inviare in patria, dall’Olanda, un sacco dell’esotico ortaggio. Deve però aver spiegato male come si dovevano cucinare le patate, poiché l’ortaggio non riscosse un grande successo. Tuttavia la patata aveva un grande futuro, per questo il governo, senza spiegare cosa farne esattamente, obbligò i contadini a coltivarla e mangiarla. Fu così che iniziarono gli avvelenamenti di massa nel popolo. La causa fu compresa solo in seguito: i contadini non sapevano come mangiare le patate, ne mangiavano i tuberi crudi, oppure i piccoli frutti sul gambo. Solo alla fine del XIX secolo la Russia contadina si rappacificò con la patata e capì che splendido ortaggio che fosse: oggi i russi la considerano un <>. Con essa si preparano più di 1000 pietanze.

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Rapa

L’ortaggio più popolare dell’antica Russia è la rapa, appartenente alla famiglia dei cavoli. Come il cavolo e la carota, la rapa si conserva bene nel periodo invernale, cresce velocemente e non richiede una particolare cura.

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La rapa è un prodotto molto utile, un tempo era utilizzato anche a scopi medici, oltre che per essere mangiato. Al giorno d’oggi la rapa è coltivata poco, solo per essere consumata cruda; un tipo particolare di rapa è usato anche come mangime per il bestiame.

La rapa può essere mangiata cruda, o lessata. Preparare i piatti a base di rapa è così semplice, che nella lingua russa è persino rimasta l’espressione: <>. Vale a dire: <>, semplice al punto, che persino lessare una rapa è difficile rispetto a quello che vogliamo fare.

Del fatto che un tempo la rapa fosse molto diffusa testimonia una fiaba popolare russa, raccontata ai bambini più piccoli. La fiaba si intitola <>, e narra di come una volta, nell’orto di una coppia di vecchietti, sia nata una rapa enorme, talmente grande che nessuno riusciva a toglierla dalla terra...

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Vodka

La parola “vodka” è conosciuta in Russia dal XVII secolo, e rappresenta il diminuitivo della parola “voda”, acqua. Fino al XV secolo in Russia la vodka non era né prodotta né bevuta, erano altre le bevande alcoliche consumate: birra e bevande a base di miele. A partire dal XV secolo iniziarono a produrre la vodka dal grano, all’interno dei monasteri russi; fu allora che il principe moscovita Ivan III introdusse il controllo statale sulla produzione e la vendita della vodka. La parola “vodka” per indicare l’alcol allungato con acqua è entrata a far parte dell’uso quotidiano solo a partire dal XVIII secolo, fino ad allora la bevanda era chiamata “vino di pane”.

L’alta qualità della vodka russa deriva dalla professionalità con cui l’alcol viene purificato. Alla metà del XVIII secolo fu emanato un decreto di stato imperiale che permetteva ai nobili di occuparsi della produzione di vodka. I proprietari terrieri presero ad attuare il decreto di stato con tanta solerzia, che quasi in ogni proprietà si poteva trovare un impianto per la produzione della vodka. La caratteristica della vodka fatta in casa consisteva nel fatto che, a differenza di quella statale, spesso veniva aromatizzata con succhi di bacche.

Fra il 1894 e il 1896 fu introdotto uno standard statale sulla vodka, che da quel momento doveva contenere il 40% di alcol etilico, ed essere filtrata attraverso un filtro di carbone; nacque così la vodka nazionale russa, con il nome di “Moskovskaja Osobennaja” (speciale moscovita). Fu l’inizio del monopolio di stato sulla produzione di vodka, che poco a poco si sarebbe esteso su tutto il territorio nazionale.

A Mosca e a Pietroburgo si trovano musei della Vodka Russa, tutt’oggi in funzione.

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L’opinione corrente, secondo la quale tutti i russi bevono vodka ogni giorno, non risponde alla realtà. La vodka, così come gli altri tipi di bevande alcoliche, è bevuta in Russia solitamente in compagnia, insieme agli ospiti, per festeggiare un evento. In Russia esiste una cultura precisa legata al consumo di vodka. La vodka aiuta a digerire le pietanze russe, che sono grasse, piccanti, pesanti e calde; questo tipo di alimentazione attenua gli effetti della vodka.

Un quantitativo ridotto di vodka si può bere anche a scopi curativi: quando prendiamo freddo, ad esempio, la vodka riscalda, e aiuta a stimolare e rafforzare le capacità di difesa dell’organismo. Quando si beve la vodka a scopi curativi, il cibo con cui la si accompagna può essere il più elementare: un pezzetto di pane nero e un cetriolino sottaceto.

Che “tavola russa” è senza il cholodec e l’aringa <>?

Cholodec

Il cholodec è un piatto nazionale molto amato, sebbene a prima vista non abbia un aspetto molto invitante. Il cholodec, detto anche studen’, viene fatto così: si prendono dei pezzi di carne – manzo oppure maiale – e li si lessano molto a lungo a fuoco lento, per 4 o 5 ore. Per il cholodec servono parti precise dell’animale: l’ideale sono la testa, le cervella e le zampe della mucca, mentre del maiale si mettono anche le orecchie e la coda. Venendo lessata molto a lungo, la carne si sfalda e rilascia una gelatina, che in seguito – raffreddandosi – si dovrà solidificare. Il nome della pietanza già ci spiega in cosa consiste la preparazione: cholodec, o studen’, significa infatti “piatto raffreddato”. Prima di raffreddarlo, al pezzo di carne ottenuto si aggiungono un po’ di carota, verdure, aglio e spezie. Una volta pronto, il suo sapore è straordinario!

Allo stesso modo si può preparare anche il pesce, anche se – a dire la verità – nel pesce a volte viene aggiunta della gelatina, affinché la massa si solidifichi. La versione a base di pesce si chiama <> (nome, anche questo, che spiega il processo di preparazione: i pezzetti di pesce lessato vengono infatti “sommersi” – “zalit’” – da uno speciale brodo di pesce, che successivamente viene raffreddato).

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Aringa in pelliccia

Questa pietanza dall’insolito nome è un’invenzione piuttosto recente, ma nondimeno assai popolare. Ha fatto la sua comparsa in epoca sovietica, per la necessità di proporre agli ospiti un piatto gustoso, ma con ingredienti semplici. Senza dubbio, solo le donne russe potevano inventare un nuovo piatto con la semplice, solita aringa, dandogli in più un nome tanto particolare! Perché <>? Perché l’aringa si trova sul fondo del piatto, coperta – al di sopra – da una specie di calda pelliccia, cioè il contorno di verdure.

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Preparare questo piatto è molto semplice: si taglia un filetto di aringa e lo si dispone su un piatto piano; poi, a strati, lo si ricopre con patate lesse, uova, carote e barbabietole. Ogni strato viene cosparso di maionese. Preferibilmente l’ultimo strato deve essere di barbabietole. Il tutto è poi ricoperto di maionese, e spesso decorato con verdure e fettine di uova.

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Qualche parola sulle insalate...

È inutile dire che l’insalata non è un piatto di origine russa. Il popolo russo in generale non amava i piatti, come per esempio le insalate, nei quali gli ingredienti erano tagliati in piccoli pezzi. Il russo è diffidente: “chissà che ci hanno messo dentro”, pensa. Tutte le insalate e gli antipasti hanno iniziato a comparire in Russia nel XVIII secolo, con l’arrivo della cultura europea. Entro la fine del XIX secolo gli antipasti divennero molto vari e apprezzati in Russia, e di alcune insalate possiamo persino affermare che siano diventate <>. Tale è l’insalata, per esempio, che in Russia chiamano <>, mentre in Europa occidentale e in America chissà perché la chiamano <>.

L’insalata <>

Lucien Olivier – il cuoco francese che visse a Mosca all’inizio del XIX secolo – era proprietario di un buon ristorante, per il quale inventò la ricetta della sua insalata speciale. Quest’insalata prese il nome di “salata Olivier”.

In epoca sovietica, quando la scelta di prodotti non era particolarmente ampia, le donne russe si ricordarono della semplice e gustosa insalata “Olivier”, e cominciarono e prepararla, sostituendo gli ingredienti più ricercati con altri più semplici. Oggi come oggi nell’insalata Olivier si mettono verdure lesse: carota, patata, insieme a carne o salame, uova, cetrioli freschi e cipolla, il tutto condito con maionese. Ed ecco che l’Olivier è pronta. In alcuni ristoranti l’insalata Olivier è chiamata “stolichnyj” (“della capitale”), ma si tratta dello stesso piatto.

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Vinaigrette

Un’altra insalata tipica russa è la vinaigrette. È ovvio che la parola “vinaigrette” proviene dal francese, ma in russo ha assunto il signitficato di una pietanza indipendente, e non semplicemente di una salsa. Nella vinaigrette si mettono, come nell’Olivier, verdure lesse: patata, carota, oltre necessariamente alla barbabietola, che conferisce all’insalata un gusto dolciastro e un colore rosso. Si aggiungono inoltre cetrioli sotto sale (a volte cavolo acido) e cipolla; si condisce infine con olio di girasole o maionese.

Fate attenzione: i russi amano molto la maionese e la usano praticamente in tutte le insalate. Se non vi piace la maionese, è bene chiedere in anticipo che non ve la mettano.

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Pirogi

I pirogi, così come i bliny, hanno un’origine molto antica. Nell’antica Russia i pirogi erano molto amati, venivano comodamente cotti nel forno russo, e ne esisteva una enorme varietà: fatti con diversi tipi di impasto, di diverse forme e con diversi ripieni. I pirogi erano un simbolo della casa, dell’efficienza della padrona di casa, per questo il pirog giocava un ruolo simbolico, ad esempio, in situazioni quali fidanzamenti, matrimoni, e persino funerali. Più tardi i pirogi divennero una componente essenziale della tavola imbandita a festa. “Non c’è masleniza senza bliny, non c’è compleanno senza pirogi” – recita un famoso proverbio russo.

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Oggi come oggi i pirogi sono solitamente fatti con impasto non dolce e ripieno di cavolo o carne: all’inizio si mette uno strato di impasto, poi il ripieno, poi di nuovo uno strato di impasto. Sono molto diffusi i pirozhki, cioè “piccoli pirogi”. Oggi i pirogi vengono preparati con ripieno dolce o salato: mela, marmellata, albicocche secce, etc. Vengono preparati in due modi: cotti in forno e fritti su fuoco aperto.

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Il primo tè dalla Cina giunse in Russia, così come in Europa, alla metà del XVII secolo, come regalo. In principio divenne famoso come bevanda curativa, ma molto presto si diffuse in tutto il paese. Alle fiere in Russia si vendeva prevalentemente tè nero, in quanto meno costoso; fu così che i russi iniziarono a preferire il tè nero.

Un tempo l’acqua per il tè veniva bollita in appositi contenitori, - i samovar – mentre il tè veniva preparato separatamente in una teiera. Al giorno d’oggi nessuno si serve più dei samovar, ma il principio di preparazione del tè in due contenitori distinti è rimasto: prima versano nella tazza un po’ di the forte, e poi ci aggiungono l’acqua bollita nel bollitore principale.

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Solitamente bevono il tè alla fine del pasto, accompagnandolo sempre con vari tipi di dolci: marmellate, pirozhki dolci, torte, crostate, biscotti, miele e limone. I russi amano aggiungere al tè uno spicchio di limone e zucchero o miele, il che conferisce al tè un aroma e un gusto veramente particolari.

I russi bevono il tè molto spesso, praticamente dopo ogni pasto: colazione, pranzo e cena. Se entrate per la prima volta in casa di qualcuno, la padrona di casa vi offrirà sicuramente una tazza di tè (ovviamente con tutti i necessari accompagnamenti), come dettano le norme di buon comportamento. Davanti a una tazza di tè è più facile condurre una conversazione, fare conoscenza e parlare: il rituale del tè non richiede molto tempo, ma garantisce un enorme piacere.

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Samovar

Il samovar è un antico strumento usato per bollire l’acqua e preparare il tè. Ad inventare questo sistema furono in cinesi, ma in Cina non hanno mai preparato il tè con l’aiuto del samovar.

Al centro del samovar si trova un tubo, nel quale viene messo del materiale che brucia: carbone, pigne, legno; l’acqua riempie lo spazio che rimane fra il tubo e la parete esterna del samovar. Affinché il materiale messo nel tubo bruci bene e scaldi velocemente l’acqua, al samovar viene aggiunto in alto, in modo da creare risucchio, un lungo tubo. L’acqua che esce a bollire all’interno del samovar rimane calda molto a lungo. Quest’acqua viene poi usata per preparare il tè in una piccola teiera a parte.

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I primi samovar comparvero in Russia nella città di Tula, alla fine del XVIII secolo. Tula è un famoso centro di produzione delle armi; e fu proprio uno dei maestri delle armerie locali che realizzò il primo samovar artigianale. I samovar poco a poco divennero popolari, la loro produzione crebbe, e quella che era nata come una produzione artigianale si trasformò in una vera e propria industria. Alla metà del XIX secolo solo a Tula esistevano già 28 fabbriche di samovar, che producevano 120mila samovar all’anno! I samovar erano dei tipi più diversi: da 3, da 5, da 10 e persino da 25 litri d’acqua.

Al giorno d’oggi gli autentici samovar sono usati raramente, tuttavia Tula continua come un tempo a produrre samovar, che scaldano l’acqua sia con il metodo tradizionale che a corrente elettrica. Nel caso capitaste a Tula, dovete necessariamente visitare il museo dei samovar, nel quale è possibilei non solo vedere un’enorme quantità dei più diversi samovar, ma anche conoscere la loro storia.

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